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Chi ha guadagnato Cripto nel 2022 deve pagare il 3,5% del valore

Chi ha guadagnato Cripto nel 2022 deve pagare il 3,5% del valore

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Gennaio 31, 2023 by Flavio
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il tributo non incide sui redditi realizzati, bensì sul patrimonio in cripto ovvero sul valore di tali attività detenute (e/o sul valore di realizzo) al termine di ciascun periodo di imposta
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I punti chiave

La legge di Bilancio 197/2022 definisce e regola ex novo le cripto-attività anche ai fini Irpef introducendo la lettera c-sexies) nell’articolo 67 del Tuir, ma non colma il vuoto normativo per le plusvalenze realizzate prima del 1°gennaio 2023 (articolo 1, commi 126-147).

L’articolo 1, comma 127 prevede che le plusvalenze realizzate prima «si considerano» riconducibili nell’articolo 67 del Tuir tra i «redditi diversi». Tuttavia si trascura che, al di là dell’astrattezza di questa norma transitoria, in forza degli articoli 23 e 53 della Costituzione nonché 1 e 3 dello Statuto dei contribuenti «la legge tributaria non dispone che per l’avvenire» (si veda pure l’articolo 11 delle disposizioni preliminari del Codice civile). Fa eccezione la legge di interpretazione autentica, ma in questa caso così non è, sia per la formulazione e il contenuto delle norme, sia in ragione della relazione illustrativa.

Nonostante il fatto che la nuova disciplina delle criptovalute sia tracciata dal 2023, per la legge di Bilancio la normativa ha efficacia ex tunc; invero, però, solo adesso sono regolati (quasi) tutti i tributi, l’Irpef, i regimi alternativi di imposizione in base agli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 461/1997, l’Ires, l’Irap, l’imposta di bollo, l’Ivafe, gli obblighi di monitoraggio fiscale.

A stretto rigore, nel silentio legis, appare discutibile anche l’esenzione Iva ex articolo 10, n. 3) del Dpr 633/1972, concernente tassativamente le «operazioni relative a valute estere aventi corso legale», essendo ormai chiaro che la criptomoneta non è valuta flat, tantomeno estera, ma semmai è “a-territoriale” (per l’imposta di successioni e donazioni, si vedano gli articoli 1 e 9 del Tu 346/1990, ove si ha riguardo in modo generico ai «trasferimenti di beni»). Si ricorderà la querelle insorta in materia: l’Agenzia, in base alla remota sentenza della Corte Ue in tema di Iva (C-264/14), estendeva alle criptovalute il trattamento delle valute estere (articolo 67, lettera c-ter).

Altri facevano riferimento ai redditi da attività commerciali non abituali (lettera i); altri, a nostro parere più correttamente, escludevano la tassazione risultando inapplicabile persino la norma di chiusura del Tuir, non trattandosi di “strumenti finanziari” ex Tuf 58/1998 (lettera c-quinquies).

Franchigia di 2mila euro

Ma adesso il trattamento e la definizione fiscale delle valute digitali sono puntuali (lettera c-sexies) e ben distinti rispetto alle ipotesi formulate a suo tempo; sulla falsariga dei proventi finanziari, si è innovato il meccanismo di tassazione, inserendo una diversa e inferiore franchigia (2mila euro); le minusvalenze sono scomputabili e riportabili in avanti per quattro anni; dunque, la tassazione non potrebbe scattare per il passato.

Fino al 2022 paga chi ha realizzato plusvalenze

Ciò nondimeno resta da capire l’impatto sui periodi d’imposta aperti della regolarizzazione – l’emersione ex articolo 1, commi 138 e seguenti – cui possono aderire i contribuenti che hanno realizzato plusvalenze, ma non le hanno dichiarate ovvero, pur dichiarandole, hanno chiesto tempestivamente il rimborso delle imposte versate per prudenza, onde evitare le sanzioni anche di natura penale (in caso di superamento delle soglie ex articoli 4 e 5 del decreto legislativo 74/2000).

Imposta al 3,5%

Per questa ennesima regolarizzazione, in attesa del provvedimento di attuazione, allo stato si fissa il pagamento di un’imposta sostitutiva del 3,5%; ma questa forma di prelievo rappresenta un unicum, sembra rimpiazzare il regime sostitutivo dell’Irpef del 26%, con una percentuale molto bassa, inconsueta rispetto al passato (si pensi alle precedenti voluntary disclosure); inoltre, il tributo non incide sui redditi realizzati, bensì sul patrimonio in cripto ovvero sul valore di tali attività detenute (e/o sul valore di realizzo) al termine di ciascun periodo di imposta.

Fermi restando i principi di irretroattività e ragionevolezza, il legislatore può congegnare ogni tipo di prelievo, anche in termini di pseudo-condono che scenda sotto l’imposta – come per le liti fiscali – ma sempre che l’imposta sia dovuta ab origine.

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